Il sito "mykotrapani.ita" usa i cookies per poter configurare in modo ottimale e migliorare costantemente le sue pagine web e per l'utilizzo facoltativo del forum di discussione. Continuando ad utilizzare il sito Internet fornite il vostro consenso all'utilizzo dei cookies.

Gruppo Micologico  "T. Pocorobba"

A

Pleurotus nebrodensis

Interessante specie siciliana a rischio di estinzione ???

articolo pubblicato su MicoPonte – Bollettino del Gruppo Micologico “Massimiliano Danesi” – Ponte a Moriano (LU), Anno 2021 n. 13: 29-38

Premessa

Ricercata, rara e caratteristica specie fungina dell’ambiente siciliano, tipica della catena montuosa dei Nebrodi, delle Madonie e del massiccio dell’Etna. La sua prima descrizione porta la firma del micologo siciliano Giuseppe Inzenga (1) il quale nella sua opera “Funghi siciliani” afferma: “E’ questo il più delizioso fungo mangiativo che conoscesi in Sicilia, e privo da qualunque sospetto di veneficio, tanto pei suoi caratteri che lo distinguono da qualunque siasi altra specie sospetta, quanto per le località ove nasce e per le piante alle quali conoscesi essere parassito. Nasce nella sommità dei monti più alti di Sicilia, in luoghi boscosi, e con particolarità nelle Nebrodi o Madonie, al liquefarsi delle nevi da aprile a tutto maggio” [Inzenza G., 1865:12]. Pleurotus nebrodensis, protagonista della nostra “Riflessione Micologica”, viene inserito nel gruppo dei funghi leucosporei (quelli le cui spore in massa sono di colore bianco-biancastro) legandosi da saprotrofo (cioè si nutre di sostanze morte) alle radici di Cachrys ferulacea,(2) pianta appartenente alla famiglia delle Umbelliferae. (3)

Genere Pleurotus (Fr. : Fr.) P. Kumm. 1871

Al genere appartengono basidiomi carnosi, di medio-grandi dimensioni, omogenei (cioè con cappello e gambo aventi analoga struttura cellulare risultando strettamente saldati uno all’altro tanto che la loro separazione non avviene in maniera netta), caratterizzati da cappello asciutto e generalmente depresso, imbutiforme; lamelle a lungo decorrenti sul gambo che si presenta, a seconda della specie, subcentrale o fortemente decentrato, laterale ed in molte specie con crescita fascicolato-connata. Per la colorazione bianco-rosata delle spore in massa, sono ineriti nel gruppo dei funghi leucosporei. Tutte le specie appartenenti al genere sono lignicole e tipicamente parassite o saprofite, agenti di carie bianca (4). Le varie specie appartenenti al genere sono considerate, con poche eccezioni, tutte di buona qualità e commestibili. Molte sono quelle che si prestano con versatilità alla coltivazione.

Pleurotus nebrodensis (Inzenga) Quél.

Enchir. fung. (Paris): 148 (1886)

Basionimo: Agaricus nebrodensis Inzenga, Giorn. Reale Ist. Incoragg. Agric. Sicil. Palermo: 161 (1863)

Accentazione: Pleurótus nebrodénsis

Etimologia:

Pleurotus dal greco pleuròn = di fianco e otòs = orecchio ovvero con l’orecchio (cappello) di fianco con espresso riferimento alla posizione del cappello rispetto al gambo. Nebrodensis con riferimento all’area geografica dei suoi primi ritrovamenti. Denominazione, però, fuorviante in quanto i primi esemplari vennero effettivamente rinvenuti nel territorio delle Madonie che, all’epoca, erano chiamate “Monti Nebroidi”; denominazione modificata, ai nostri giorni, in “Monti Nebrodi” e riferita ad altra catena montuosa posizionata più ad est nella Sicilia orientale.

Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Agaricales, famiglia Pleurotaceae, genere Pleurotus.

Principali sinonimi: Dendrosarcus nebrodensis (Inzenga) Kuntze (1898); Pleurotus eryngii var. nebrodensis (Inzenga) Sacc. (1915)

Nomi volgari: Pleuroto dei Nebrodi

Nomi dialettali: Funci di firrazzolu; Funci di curmi; Funci di dabbisu; Funci di basiliscu; Funci di Madunii; Funci di ferra (denominazioni dialettali tipiche in uso in Sicilia) [Vasquez G., 2013 – Galeano A., 2015].

Descrizione sommaria: basidioma di medio-grandi dimensioni, caratterizzato dal colore completamente bianco-biancastro e dalla tipica crescita saprotrofica in associazione con Cachrys ferulacea in areali montani.

Descrizione originale – tratta da Galeano (2015: 7)

Ag. magnus caespitosus, albus, vel dilute sub-flavus, pileo carnoso margine revoluto, lamellis confertis lineari-lanceolatis, liberis, decurrentibus in stipite sublaterali, versus basim permixtis. Fungi umbilicum exprimentes, simul albi C. B. P. - Fungi plures simul, albi, ad arborum radices, esculenti J.B. – Cup. H. Cath. Pag.80. Pileus junior laevigatus, albus, subumbonatus, demum dilute flavus, irregulari modo ex epidermide diffracta rimoso-tessulatus, gregarious, caespitosus, aliquando ob coacervata insitaque individual ramosus: 2-5 unc. Latus, et ultra. – Stipes rare centralis, supra dilatatus atque in pileo diffuses, brevis, subnullus, basi attenuates. Lamellae confertae tenues, lineari-lanceolate, longe decurrentes sub striarum forma versus stipites basim productae. Lamelullae numerosae, breviores lanceolate, longiores postice rotundate. Caro fibrosa, subtenax, saporis gratissimi, ac odoris farinae molitae, albida, sicca dilute flava. Sporidia alba.

Agarico Eryngii DC. Characteribus variis consimilis, sed magnitude, colore albido pilei sporidiorumque, stipite breviore, lamellis confertis, angustis, lineari—anceolatis omnino distinctus. In montium culminibus Siciliae, Nebrodis magis obvia e radicibus marcescentibus Elaeoselini Asclepii Bert., Opopenacis Chironii Koch. etc. Aprili, Majo nive dilabente. Esculentus!

Traduzione della descrizione originale – tratta da Galeano (2015: 7)

Fungo di grossa taglia, cespitoso, bianco o quasi giallo pallido, cappello carnoso, margine revoluto, con lamelle serrate, diritte, lanceolate, libere, subdecorrenti nel gambo quasi laterale, irregolari verso la base. Carpofori ombelicati, nello stesso tempo bianchi C.B.P. Funghi in più esemplari, bianchi, presso le radici di alberi, commestibili J.B.-Cup. H. pag. 80. Cappello liscio nel giovane, bianco, subumbonato, alla fine di un giallo pallido, con la pellicola screpolata in maniera irregolare, gregario, cespitoso, talvolta in ammassi indivisibili, talvolta ramificato: largo 2-5 once e più. Gambo raramente centrale, allargato verso l’alto e confluente, corto, quasi assente, attenuato alla base. Lamelle serrate, sottili, diritte, lanceolate, lungamente decorrenti, allungate a guisa di striature verso la base del gambo. Lamellule numerose e più corte, lanceolate, le più lunghe arrotondate posteriormente. Carne fibrosa, abbastanza tenace, sapore molto gradevole e odore di farina macinata, biancastra, da asciutta di un giallo pallido. Spore bianche.

Ag. Eryngii DC. È simile per diversi caratteri, ma si distingue senza dubbio per la dimensione, il colore biancastro del cappello e delle spore, il gambo più corto, le lamelle serrate, strette, diritte, lanceolate. Sulle cime dei monti della Sicilia, sui monti Nebrodi si incontra particolarmente sulle radici marcescenti di Eleoselinum Asclepium Bert., di Opopenacium Chironium Koch. etc. in aprile, maggio a neve disciolta. Commestibile!

Descrizione Macroscopica

Cappello di medio-grandi dimensioni, inizialmente convesso, poi, verso la maturazione, spianato e leggermente depresso al centro; spesso con forma semicircolare; cuticola liscia, difficilmente separabile, poi screpolata, specialmente a tempo secco, con areolature irregolari crema-ocracee più concentrate nella zona centrale; colore bianco-biancastro tendente al crema, con, a volte, squamule ocra chiaro. Imenoforo a lamelle fitte e lungamente decorrenti sul gambo dove, a volte, si presentano unite da setti trasversali (anastomosi), intercalate da numerose lamellule; colore bianco-biancastro tendente al crema con riflessi rosati; sporata bianca. Gambo tipicamente laterale, eccentrico, raramente centrale, corto, tozzo, a volte quasi assente, consistente, robusto, pieno, cilindrico ed affusolato nella parte bassa; superficie liscia di colore bianco-biancastro tendente al crema. Carne tenace, soda, compatta ed elastica, di colore bianco, bianco-crema, immutabile al taglio; odore gradevole e sapore dolce.

Habitat

Tipicamente legato, in forma saprotrofica, alle radici marcescenti di Cachrys ferulacea (= Prangos ferulacea), pianta appartenente alla famiglia delle Umbelliferae. Fruttifica esclusivamente dalla primavera fino al mese di giugno a quote elevate (oltre 1.200 m) in forma singola, gregaria o cespitosa. E’ tipico della catena montuosa dei Nebrodi, delle Madonie e del versante nord-occidentale del massiccio dell’Etna, in Sicilia.

Commestibilità

Ottimo commestibile. Ricercato ed apprezzato per le qualità organolettiche, si presta facilmente ad essere cucinato in svariate maniere o conservato sott’olio.

Caratteri differenziali e specie simili

I caratteri fondamentali sono il colore bianco-biancastro e l’habitat di crescita a quote elevate ed in associazione con Cachrys ferulacea, unitamente alle grandi dimensioni, al gambo tozzo, obeso, alle lamelle lungamente decorrenti e molto strette. Le entità simili sono P. eryngii (DC.) Quél. e le sue varietà messe a confronto in Angeli & Scandurra (2012). Di seguito sono riportate le più simili con i relativi caratteri idenficativi:

  • Pleurotus eryngii var. elaeoselini Venturella, Zervakis & La Rocca (2000)

Molto simile nella conformazione morfostrutturale a P. nebrodensis, con l’unica differenza macroscopica che risiede nell’aspetto meno robusto, mentre risulta ben differenziabile al microscopio, con spore più piccole e meno allungate; è inoltre diverso nell’habitat crescendo su Elaeoselinum asclepium [Venturella et al., 2000].

  • Pleurotus eryngii var. laserpitii Angeli e Scandurra (2012)

Anche questa varietà, come la precedente, ha caratteristiche morfo-cromatiche similari a P. nebrodensis. Differisce per il cappello ricoperto quasi completamente da fibrille brune, liscio solo a margine, lamelle crema-grigiastre e habitat di crescita che la vede legata a Laserpitium latifolius [Angeli & Scandurra, 2012].

  • Pleurotus eryngii (DC. : Fr.) Quél. (1872)

Anche se diverso nell’aspetto cromatico generale, riteniamo opportuno evidenziarne le caratteristiche principali che lo diversificano da P. nebrodensis: cappello di colore variabile da beige-biancastro a bruno-grigiastro, grigio chiaro, grigio intenso; lamelle bianche con, a maturazione, riflessi ocracei; habitat che lo vede tipicamente legato a Eryngium campestris.

Diffusione territoriale

Si tratta di specie tipica , anche se non escusiva , della sicilia . Dopo i primi ritrovamenti effettuati sul territorio montano delle Madonie, numerosi esemplari furono trovati, e vengono ancora trovati, nelle seguenti località:

  • Etna: Monte Maletto, versante occidentale, circa 1500 m s.l.m.; Monte Lepre, versante occidentale, circa 1450 m s.l.m.; Piano del Monte, versante occidentale, circa 1450 m s.l.m.; Bosco Chiuso, versante occidentale, circa 1250 m s.l.m.); Monte Intraleo, versante occidentale, circa 1700 m s.l.m.; Monti Nespole, versante occidentale, circa 1450 m s.l.m.; Monte Spagnolo, versante settentrionale, circa 1400 m s.l.m.; Piano del Monte, versante occidentale, circa 1450 m s.l.m. [Galeano A., 2015].

  • Nebrodi: Lago Trearie, Floresta (ME), circa 1450 m s.l.m.; Monte Colla, circa 1650 m s.l.m.; Flascio circa 1380 m s.l.m.; Contrada Cartolari, circa 1550 m s.l.m. [Galeano A., 2015]; Bosco di Malabotta, Montalbano Elicona (ME) [Mondello, 2020]; Serro Voturi (Francavilla di Sicilia (ME), ritrovamento riferito dal Micologo Carmelo Di Vincenzo e dallo stesso effettuato in data 25 maggio 2019.

  • Madonie: Vallone Faguara, località Canna e Dragonara [Venturella G., 2017]; Pizzo Cervo, Polizzi Generosa (PA), circa 1600 m s.l.m.; Piano Battaglia, circa 1650 circa m s.l.m.; Bevaio del Faggio, Isnello (PA) circa 1350 m s.l.m.; Monte Ferro, Petralia Sottana, circa 1600 m s.l.m.; Cozzo Cerasa, Polizzi Generosa, circa 1600 m s.l.m. [Galeano, 2015].

E’ opportuno precisare che le stazioni di crescita sopra indicate sono quelle emerse dalla nostra ricerca bibliografica o a noi conosciute personalmente dando per scontato l’esistenza di altri areali di crescita non ancora individuati o non ancora segnalati o non rilevati durante la nostra ricerca.

Vogliamo evidenziare, per maggiore precisone, che sui Monti Peloritani, precisamente a Monte Scuderi, dove Cachris ferulacea ha una buona diffusione, non sono mai stati segnalati (almeno sino ad oggi e per quanto ci è dato conoscere) ritrovamenti di P. nebrodensis [Galeano, 2015], mentre, come riferisce il Prof. Giuseppe Venturella, si ha notizia di ritrovamenti effettuati sui monti Kyllini, Erymanthos e Parnaso, nel Peloponneso in Grecia dove la specie cresce in habitat analogo a quello della Sicilia [Venturella, 2017]. In merito si fa riferimento a ritrovamenti effettuati dal Sig. Nektarios Filippopoulos il quale afferma, documentandolo con immagini fotografiche, di raccogliere esemplari di P. nebrodensis in diverse stazioni di crescita nel Peloponneso ubicate tra i 1500 ed i 2000 m. s.l.m. [Galeano, 2015].

Salvaguardia della specie

P. Nebrodensis in considerazione della limitata diffusione territoriale e delle sempre più carenti fruttificazioni, ed anche in conseguenza del sempre crescente numero di raccoglitori, è ritenuto specie a rischio di estinzione e, pertanto, inserito nella “Red list” redatta dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUNC -International Union for Conservation of Nature) [Gargano et al., 2014; Galeano, 2015].

In Sicilia, limitatamente al territorio boschivo del Parco delle Madonie, la specie viene protetta dal “Regolamento per la raccolta e la commercializzazione dei funghi spontanei, epigei ed ipogei” che all’art. 5 testualmente recita: “E’ comunque vietata la raccolta di Pleurotus nebrodensis (funcia di basiliscu) allo stato spontaneo in zona A del Parco, nelle altre zone è vietata la raccolta di corpi fruttiferi della stessa specie di dimensioni inferiori a 3 cm.” [Parco delle Madonie, 2020]. Inoltre, come indicato nell’allegato “I” dello stesso regolamento, è consentita la commercializzazione di P. nebrodensis solo se coltivato. Nelle altre zone della Sicilia, la raccolta, come avviene per tutte le altre specie fungine, è regolata dalla Legge regionale n. 3 dell’1febbraio 2006 [Regione Sicilia, 2006]; che, pur consentendo la commercializzazione del P. nebrodensis, vieta, come all’interno del Parco, la raccolta di esemplari con diametro del cappello inferiore a 3 cm [Regione Sicilia, 2016: Artt. 1 e 2].

Coltivazione

In fase sperimentale e con risultati promettenti é stato avviato, e felicemente concluso, in Sicilia, il progetto “Fungis” inteso alla produzione in serra anche del P. nebrodensis che ha evidenziato come la specie ben si presta alla coltivazione a diverse altitudini ed all’interno di tunnel molto ombreggiati, mantenendo le stesse caratteristiche degli esemplari esistenti in natura [Gargano, 2014]. Si è ottenuto un prodotto finale caratterizzato da qualità organolettiche ottime come sapore, profumo e digeribilità. Purtroppo, il costo di produzione si è rivelato eccessivo rispetto a quello degli altri Pleurotus coltivati con conseguente difficoltà di immissione del prodotto nel settore commerciale [Galeano, 2015].

Il naturale e ben auspicato passaggio alla coltivazione intensiva con conseguente commercializzazione del prodotto porterebbe, senz’altro, ad un decremento del numero dei raccoglitori che sono soliti cercare la specie a fini commerciali, garantendo, così, una maggiore protezione degli esemplari in habitat naturale.

Proprietà terapeutiche

E’ stato dimostrato, con esperimenti in vitro, che P. nebrodensis ha capacità di inibire la proliferazione delle cellule del tumore del colon e la crescita di alcuni microorganismi di rilevanza medica [Gargano et al., 2014].

Note e curiosità

P. nebrodensis fu descritto per la prima volta, come già accennato, dal micologo siciliano Giuseppe Inzenga che lo ha ricevuto dal Barone Nicolò Turrisi Colonna il quale, rinvenendone alcuni esemplari provenienti dalle Madonie, glielo inviò unitamente alla pianta della quale il fungo è saprotrofo. Si tratta di specie endemica tipica della Sicilia e non esclusiva, come un tempo ritenuto, del territorio montano delle Madonie che viene spesso confusa con specie affini [Vasquez, 2013].

E’ stato oggetto di studio da parte di eminenti micologi del passato e del presente i quali, in considerazione della sua conformazione morfo-strutturale e del particolare habitat di crescita, non sempre sono pervenuti a deduzioni corrette.

Fu ritenuto, già dalla sua prima descrizione e fino ad un passato relativamente recente, in maniera erronea ma strettamente correlata alle conoscenze del tempo, che il suo habitat di crescita fosse legato a diverse colture erbacee appartenenti alla Famiglia delle Umbellifere. Lo stesso Inzenga, nella sua opera maggiore, in merito precisa: ”Si sospetta svilupparsi dalle radici fradice delle seguenti piante: Elaeoselinum asclepium Bert., Opoponax chironium Koch., Phrangos ferulacea DC., o da qualche altra ombrellifera”, precisando ancora che assume un differente nome dialettale in dipendenza della pianta cui si associa: “Funciu di dabbisu, se sviluppasi dalle radici fradice dell’Elaeoselinum asclepium, Funciu di basiliscu se dall’Oponopax chironium, Funcia di ferra o di firrazola se dal Prangos ferulacea [Inzenga, 1865: 12].

Analogamente, basandosi sempre sugli studi e sulle conoscenze scientifiche del momento, Roberto Galli conferma la crescita di P. nebrodensis in associazione con diverse specie di Umbellifere ed in areali diversi: in Trentino associato a Laserpitium latifolium e Laserpitium siler; nella Murgia Pugliese in associazione con Tragopogon porrifolius (in dialetto locale stragadente) ed ancora, nel territorio siciliano, associato a Elaeoselinum asclepium (dabbisu in dialetto siciliano) ed a Thapsia garganica (Firrazzolu o fillazzeddu nel dialetto dell’isola) [Galli, 1995; Galli, 2000]. Analoghe considerazioni sono state formulate, sempre basandosi sulle conoscenze dell’epoca, dal micologo siciliano Nino Mannina [Mannina, 2020].

È opportuno precisare che, in effetti, prima che gli studi di natura filogenetico-molecolare facessero chiarezza in merito, tutte le specie di Pleurotus di colore bianco, purché associate a piante arbustive appartenenti alla famiglia delle Umbelliferae, fossero da ricondurre a P. nebrodensis indipendentemente dalla specifica pianta cui erano legate. Successivamente, in tempi relativamente recenti, è stato possibile fare chiarezza in merito e separare le diverse specie con cromatismi bianchi in relazione alle varie colture cui sono associate. In realtà, quindi, è stato appurato che P. nebrodensis è una specie ben definita e distinta dalle altre specie congeneri, con crescita tipica ed esclusiva in associazione saprotrofica con Cachrys ferulacea [Zervakis et al., 2014].

Le incertezze e le confusioni del passato che lo associavano anche a colture diverse, sono state del tutto dissipate diversificandolo dalle specie similari che hanno avuto una precisa collocazione sistematica con la creazione di nuove varietà. Ad esempio è stato constatato che la specie coltivata in Cina su Ferula sp. pl., chiamata localmente Bailinggu ed immessa sul mercato internazionale sotto il nome di P. nebrodensis, è da assegnare in realtà a P. tuoliensis (C.J. Mou) M.R. Zhao & Jin X. Zhang [Venturella et al., 2016], la cui autonomia da P. eryngii è stata rivelata tramite analisi filogenetica [Zhao et al., 2016].

Per i raccoglitori siciliani, P. nebrodensis ha sempre rappresentato una sostanziale risorsa economica dovuta alle particolari proprietà organolettiche quali carne soda, sapore delicato e profumo intenso che lo rendono molto interessante e ricercato sul mercato locale dove trova collocazione specialmente presso i ristoratori che lo acquistano a prezzi oscillanti tra 50 ed 80 euro/kg. Questo, purtroppo, ha causato l’intensificarsi della sua ricerca e la raccolta indiscriminata degli esemplari non ancora maturi con conseguente notevole riduzione della fruttificazione, tanto che oggi, ripetiamo, risulta inserito nella “Red list” delle specie fungine a rischio di estinzione. Nonostante tutto, però, ci sentiamo di affermare che dal suo primo ritrovamento ad oggi, per ben oltre 130 anni, la specie, seppure in quantità inferiore, continua a fruttificare negli areali di crescita siciliani e ad essere regolarmente raccolta e commercializzata dai cercatori locali. Anzi, possiamo evidenziare, alla luce dei nuovi e numerosi areali di crescita segnalati, che forse sarebbe il caso che la “Red list” dei funghi a rischio di estinzione venisse opportunamente rivisitata apportando le dovute correzioni.

Una cosa è certa: la natura, nella sua immensa prodigalità, ci ama! Ricambiamola con uguale amore evitando di raccogliere in maniera indiscriminata quanto è solita regalarci.

***************

  1. Inzenga Giuseppe (Palermo, 1815 – 1887) è considerato il “padre” della micologia siciliana. Docente di agricoltura presso la facoltà di Scienze Agrarie di Palermo, botanico e micologo, si dedicò con particolare interesse allo studio dei funghi del territorio siciliano mettendo in risalto, nelle sue opere che rappresentano il massimo contributo alla micologica siciliana, alcune delle principali diversità tra la flora micologica dell’isola e quella del continente. Tra i suoi lavori: Funghi siciliani centuria prima e seconda dove sono presentate numerose specie fungine tipiche dell’isola tra le quali alcune di nuova individuazione [Brunori ed altri, 2014].

  2. Cachris ferulacea (L.) Calestani (1825) = Prangos ferulacea (L.) Lindt. (1825) pianta erbacea perenne di medie dimensioni (raggiunge anche 150 cm di altezza) appartenente alla famiglia delle Umbelliferae, é formata essenzialmente da un fusto pieno, striato-solcato, dal quale si dipartono numerose ramificazioni che vanno a costituire l’apparato fogliare caratterizzato da tipiche “ombrelle” costituite da 8-14 raggi. Petali di colore giallo con forma ovale formati da raggi ripiegati [Fiori, 1974]. E’ presente in Italia centrale e nella Sicilia dove trova habitat ideale e abbondante diffusione sui monti Peloritani, Nebrodi, Madonie e sull’Etna. Gradisce vegetare su pascoli di montagna aridi, su calcare ed arenaria e, nel territorio etneo, anche sulla lava [Galeani, 2015].

  1. Umbelliferae (o Ombrelliferae), famiglia di piante dicotiledoni presenti in tutte le zone temperate del mondo, caratterizzate da una tipica infiorescenza denominata “ombrella”.

  2. La carie, o marciume del legno, è una patologia vegetale che causa la progressiva degenerazione dei tessuti legnosi di piante vive o del legname in conservazione o in opera. Viene diversificata, generalmente, in carie bianca e carie bruna. La carie bianca é diffusa su numerose specie arboree, sia di latifoglie che di conifere e viene causata da specie fungine appartenenti tanto alla classe dei Basidiomiceti quanto a quella degli Ascomiceti i quali agiscono eliminando in maniera progressiva la lignina, conferendo, di conseguenza, ai tessuti legnosi attaccati, un aspetto chiaro, biancastro. La carie bruna è la conseguenza della progressiva degradazione della cellulosa che deteriorandosi perde di consistenza assumendo un colore bruno scuro. Le specie fungine che agiscono quali agenti di carie, bianca o bruna, assumono la denominazione di “parassiti da ferita” in quanto trovano facilità di attecchimento in corrispondenza delle ferite del tronco arboreo, nei tagli di potatura, nelle ferite provocate da insetti, nelle lesioni traumatiche della corteccia. Normalmente l’attacco invasivo viene realizzato dal micelio che, dopo aver condotto un periodo di vita saprofitario su organi morti della pianta, riesce a penetrare all’interno della massa legnosa attaccandone le parti vive [Goidànich, 1975].

***************

Foto: Carmelo Di Vincenzo, Filippo Gabriele La Rosa, Carmelo Nicosia, Gianrico Vasquez che si ringraziano per la gradita disponibilità.

Bibliografia

  • Angeli P., Scandurra S., 2012: Un nuovo Pleurotus delle praterie alpine. Pleurotue eryngii var. laserpitii var. nov. Micologia e Vegetazione Mediterranea 27(1): 12-24.

  • Brunori Andrea, Cassinis Alessandro, 2014: I funghi nella storia. Andrea Teti Editore, Roma. I

  • Fiori Adriano, 1974: Nuova flora analitica d’Italia. Vol. II. Firenze. I

  • Galeano Andrea, 2015: Mappatura e censimento di Pleurotus nebrodensis (Inzenga) Quelet – Tesi di Laurea - Universita' degli Studi di Catania - Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Corso di Laurea in Biodiversita' e Qualita' dell'Ambiente. Anno Accademico 2014-2015 - Relatore: Chiar.mo Prof. Pietro Minissale; Correlatore: Chiar.mo Prof. Giovanni Enrico Vasquez. Catania. I

  • Galli Roberto, 1995, Lettere al Direttore: Pleurotus eryngii var. nebrodensis. I Funghi dove…quando. Anno II n. 12 aprile 1995: 55 - 56 (Risposta a lettera del Sig. Michele Pellegrini). Editins Milano. I

  • Galli Roberto, 2000: Flora micologica siciliana: Pleurotus nebrodensis Inzenga. I Funghi dove…quando. Anno 7 n. 71 settembre-ottobre 2000: 66-69. Edinatura Srl, Milano. I

  • Gargano Maria Letizia, Zervakis Georgios, Venturella Giuseppe: 2014. Pleurotus nebrodensis: A very special mushroom. Bentham eBooks

  • Goidànich Gabriele, 1975: Manuale di patologia vegetale. Vol. II. Edizioni Agricole, Bologna. I

  • Inzenga Giuseppe, 1865: Funghi Siciliani. Centuria prima. Stabilimento Tipografico di Francesco Lao, Palermo. I

  • Quélet Lucien, 1886: Enchiridion fungorum in Europa media et praesertim in Gallia vigentium. Edit. Lutetiae, Paris. F

  • Vasquez Gianrico, 2013: Un endemismo siciliano tanto discusso: Pleurotus nebrodensis (Inzenga) Quélet. Libretto divulgativo Mostra Micologica Catania 2013: 253 – 268. A.M.B. Catania. Catania. I.

  • Venturella G., Zervakis G.I., & La Rocca S., 2000: Pleurotus eryngii var. elaeoselini var. nov. from Sicily. Mycotaxon 76: 419-427.

  • Venturella G., Zervakis G.I., Polemis E. & Gargano M.L., 2016: Taxonomic Identity, Geographic Distribution, and Commercial Exploitation of the Culinary-Medicinal Mushroom Pleurotus nebrodensis (Basidiomycetes). International Journal of Medicinal Mushrooms 18(1): 59-65.

  • Zervakis G.I., Ntougias S., Gargano M.L., Besi M.I., Polemis E., Typas M.A. & Venturella G., 2014: A reappraisal of the Pleurotus eryngii complex - New species and taxonomic combinations based on the application of a polyphasic approach, and an identification key to Pleurotus taxa associated with Apiaceae plants. Fungal Biology 118: 814-834.

Sitografia

In “Gruppo Micologico Tonino Pocorobba”. https://www.mykotrapani.it/approfondimenti-suifunghi/29-genere-pleurotus-ed-il-complesso-eryngii-generalita.

  • Mondello Francesco (ultima consultazione, marzo 2020): Pleurotus nebrodensis (Inzenga) Quélet. In “MicologiaMessinese”.

http://www.micologiamessinese.altervista.org/funghi%20pleurotus.htm#Pleurotus nebrodensis

  • MB (ultima consultazione, marzo 2020): Mycobank database. Fungal databases, Nomenclature e Special Banks. www.mycobank.org

  • Parco delle Madonie, 2020: Regolamento per la raccolta e la commercializzazione dei funghi spontanei, epigei ed ipogei.

https://www.parcodellemadonie.it/wp-content/uploads/2010/04/Regolamentoraccolta-funghi.pdf

http://www.micologiamessinese.altervista.org/Elenco_Funghi_consentiti_SICILIA.htm

  • Venturella Giuseppe, 2017: Pleurotus nebrodensisA very special mushroom. In IUCN (International Union for Conservation of Nature). The Top 50 Mediterranean Plants (https://top50.iucn-mpsg.org/species/39)

  • Zhao M., Zhang J., Chen Q., Wu X., Gao W., Deng W. & Huang C., 2016: The famous cultivated mushroom Bailinggu is a separate species of the Pleurotus eryngii species complex. Scientific Reports 6, 33066. https://doi.org/10.1038/srep33066.

Altra bibliografia di approfondimento

  • Candusso Massimo, Basso Maria Teresa, 1995: Tassonomia del Genere Pleurotus Fr. Kummer. Rivista di Micologia – Bollettino del Gruppo Micologico G. Bresadola – Anno XXXVIII n. 3: 253-268. Trento. I

  • Consiglio Giovanni, Papetti Carlo - 2003: Atlante Fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 2 (prima ristampa). A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento. I

  • La Spina Leonardo, 2017: Funghi di Sicilia Atlante illustrato. Tomo II. Eurografica, Riposto (CT). I

  • Scandurra Santo 2005: Pleurotus nebrodensis: la prima volta. Rivista di micologia siciliana. Anno 2005 n. 1: 36-38. Associazione Micologica Bresadola Gruppo Jonico-Etneo, Riposto (CT). I

 

 

Foto01 Pleurotus nebrodensis

 

Foto02 Pleurotus nebrodensis

 

Foto03 Pleurotus nebrodenis

 

Foto04 Pleurotus nebrodensis

 

Foto05 Pleurotus nebrodensis

 

Foto06 Pleurotus nebrodensis

 

Foto07 Pleurotus nebrodensis

 

Foto08 Pleurotus nebrodensis

 

Foto09 Cachrys ferulacea

 

Foto10 Habita di Pleurotus nebrodensis con Cachrys ferulacea

 

Foto11 Habitat di Pleurotus nebrodensis con Cachrys ferulacea

 

 

Pleurotus nebrodensis – Didascalia Foto

Foto 01 – Pleurotus nebrodensis Foto Gianrico Vasquez

Foto 02 – Pleurotus nebrodensis Foto Carmelo Nicosia

Foto 03 – Pleurotus nebrodensis Foto Carmelo Nicosia

Foto 04 – Pleurotus nebrodensis Foto Carmelo Di Vincenzo

Foto 05 – Pleurotus nebrodensis Foto Carmelo Di Vincenzo

Foto 06 – Pleurotus nebrodensis Foto Gianrico Vasquez

Foto 07 – Pleurotus nebrodensis Foto Gianrico Vasquez

Foto 08 – Pleurotus nebrodensis Foto Filippo Gabriele La Rosa

Foto 09 – Cachrys ferulacea Foto Gianrico Vasquez

Foto 10-11 Habitat di Pleurotus nebrodensis con Cachris ferulacea Foto Gianrico Vasquez

 

A

A

A

A